Un po’ di tempo fa mia figlia mi dice: “Se ti dico una cosa mi prometti di non fare nessun tipo di commento né positivo né negativo?” Io le rispondo: “Si, certo!” e lei insiste: “Sei sicura di riuscire a non dire assolutamente nulla?” “Si!” le rispondo ancora, pensando che ne sarei stata certamente capace.

Quando mi ha raccontato quello che voleva dirmi mi sono cucita la bocca e non ho fiatato. Ma ho dovuto proprio cucirmi la bocca! Il movimento dentro di me mi spingeva a parlare… Ero sorpresa, un po’ divertita, volevo saperne di più, avrei voluto che aggiungesse come si sentiva, volevo farle domande…

In effetti avevo poco spazio dentro di me in quel momento per offrirle un ascolto in cui la sua parola poteva semplicemente posarsi e in cui io riuscivo a tenere distinti ciò che lei portava e il mio movimento interiore.

L’empatia ha un po’ a che fare con questi due elementi: una capacità, in un certo tempo, di tenere distinti dentro di noi ciò che l’altro porta e il movimento interiore che da esso viene stimolato in modo da non agire (o re-agire) in relazione al proprio movimento interiore.

Empatia è avere una rispettosa comprensione verso un’altra persona che sta manifestando quello che vive interiormente e che è importante per lei.
Il nostro starle accanto in questo modo le da la possibilità di rimanere in contatto con quello che sta provando, in nostra presenza, per il tempo di cui ha bisogno.
Noi siamo in una posizione di ascolto, con una presenza aperta e rispettosa di quello che viene manifestato connettendoci ai sentimenti e ai bisogni dell’altro senza essere in primo piano.
E qui sta il punto per ciascuno di noi: quanto siamo in grado di ascoltare in questo modo?